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Vito A. Maturo

U Cusanęrė

Un po’ di: grammatica, lessico, canti, proverbi, detti, indovinelli, preghiere, inciarmamenti, gastronomia, agnomi di Cusano Mutri

1994

 

…(pp. 135-140)

 

Inciarmamenti

 

Il Sannio, da sempre, č stato considerato la terra magica e nei secoli “bui” Benevento era ritenuta la campitale mondiale delle “fattucchiere”.

Con ironia, per esperienza personale, posso affermare che, anche nelle zone d’Italia pił evolute economicamente, pure se con termini altisonanti, certe pratiche “arcaiche” continuano ad essere in uso.

Cusano non esula dal contesto e la maggior parte delle donne anziane sa scacciare il “malocchio”.

Dalla ricerca fatta non č emersa nessuna persona ritenuta “janara” (in senso malvagio) né ovviamente, si sa di persone autodichiaratesi streghe. Ma sono emerse persone che, per vocazione ed ereditarietą, fanno gli “spioni”, gli “attizzalite” e gli “anonimi scribacchini”.

Persone che si prodigano –gratuitamente– per alleviare dolore ve ne sono molte. Generalmente recitano preghiere che invocano Dio e i Santi; alcune frasi sono state deformate dal tempo (il tramando č stato solo orale) e nemmeno chi le pronuncia sa spiegarne il significato.

La maggior parte dei “detti” che riporto erano della scomparsa e amata “za Mariacarmina Sciabecco”, ovvero Civitillo nata Crocco, peraltro desiderosa di tramandare questo suo sapere.

Pare che, nei tempi passati, Cusano fosse particolarmente nota per la cura dell’emicrania e del mal di gola; la formula rituale pronunciata č la seguente “Crisi, crasi, sincrasi”[1].

Risultati di particolare efficacia non ci sono stati tramandati ma di sicuro gli eventuali miglioramenti erano dovuti pił all’aria molto ossigenata che non alle parole.

Le credenze locali, ancora vive e sentite, oltre all’universale malocchio, sono quelle della lucertola a due code considerata simbolo di fortuna smodata e quella della pannocchia di granturco chiamata “a spiga zincarčlla”, usata per impedire che effetti malefici entrino in casa.

Esemplari di “aucertole” a due code –per molti a Cusano solo frutto di fantasia– se ne trovano. Io stesso da ragazzo, avendone vista una, la bloccai con una schioppettata. Ed ancora ne ho osservata un’altra da un mio conoscente che la deteneva in gabbia; l’estremitą della coda, questa volta stranamente si biforcava simmetricamente. Nella successiva visita appresi che il “particolare” animale aveva guadagnato la libertą, con grande rammarico e preoccupazione dell’ex possessore.

“U randiniė zingaregliė” č uno strano tipo di granturco autoctono per il particolare colore rosso sangue di piccione; questo granone, localmente, non č utilizzato ed č disdegnato anche dalle galline. Quindi viene coltivato unicamente allo scopo di appendere la spiga con le spoglie intrecciate dietro l’uscio di casa per impedire alle janare di entrare. Queste dovrebbero prima contare, con la massima precisione, tutti i chicchi: cosa ardua per lo scadere del tempo (notte).

L’effetto filtro “anti-janare” della spiga si puņ ottenere anche con una scopa; i fili che la compongono sostituiscono i chicchi nella conta.

Vi era anche una utilitą collaterale, poiché essendo seminato, alla rinfusa, in mezzo alla varietą usata, il rinvenimento delle spighe era casuale. Durante la “festa” della spannocchiatura, i ragazzi facevano a gare per individuarle e di conseguenza si applicavano con lena, dando aiuto.

Chi avesse voluto conoscere l’identitą di una janara doveva andare ad ascoltare la Messa nella notte di Natale, portando con sé gli utensili del mietitore: falce, salvadito, manopola per il polso e grembiule. Doveva avere una grande forza di volontą per restare in chiesa fino all’uscita dell’ultima donna. Questa era cosģ identificata come “janara”.

Per bloccare i malefici poteri di una “janara” si deve prevenirla mettendo il pollice tra l’indice e il medio (fica) e dicendo: “vatténnė janęra sabbetė oggi e dummenecä creiė”.

E’ inutile dire che tutti snobbano queste cose ma in realtą non le disdegnano in privato e, quando smascherati, affermano che certe credenze se non fanno bene nemmeno arrecano male.

Si riportano i rimedi-formule pił usati per i malesseri pił comuni.

 

Cutė d’occhiė = malocchio

 

Vattennė malocchiė, vattennė ndļ i fossė, vattennė occhiė tristė tė raccumannė a Gesł Cristė, vattennė occhiė o vovė tė raccumannė a Santė Nicolä, vattennė occhiė ianchė tė raccumannė a Santė Giuannė, Vattennė malocchiė, vattennė ndļ i fossė (si conclude con il segno di croce, il tutto per tre volte).

 

 

Invidiatura, tutti i malocchiė, punturė, legatura e mčlė o strega

 

Mė raccumannė a Santė Andrea, Santė Andrea e a Verginė Maria chė stu męlė mannassė via. San Petrė e Santė Paugliė chistü męlė no fa ļļ chił annanzė. Santü Senė (San Sancio), Santü Cosimo e Damianė i mo passė e tu sęnė. San Luigi de la Francia chistu męlė ne fa i chiu annanzė. Padrė, figliolo e Spiritü Santė (poi recitano preghiere varie e il tutto si ripete per 3 volte consecutive per tre giorni da recitare prima della levata e della calata del sole).

 

Prima di passare alla formula specifica dei mali ve ne č una iniziale-generale:

 

In nomė di Dio e da Santissimä Trinitą, chestü męlė che ciarmė venissė a sanitą e nė passa chił annanzė. Męlė vattennė via, męlė nė fa chił prufittė, tė raccumannė a Verginė Maria, Santü Leuciė, San Giuannė e Gesł Cristė, Santissimė Cosimė e Damienė i chiarmė e vuiė sanętė. Męlė fattė addrčtė bčnė fattė annanzė, accussģ cumanna Diė e a Santissima Trinitą.

 

 

Resibela = Erisipela

 

Quannė Gesł Cristė iva pė męrė trenta resibelė ncuntręva, a penna da caglina nera piglięva e dentra a l’ogliė di i gliumė a nfunneva. Patrė, Figliė e Spirdü Santė.

 

 

Męlė o dentė = mal di denti, carie.

 

Santa Fellonia, Vergine putentė, i credė o ciarmą chisti dentė, che i dulorė sė nė fuisse e se č tignola chė sė nė cadessė.

 

 

U Fuochė o Santė Antonė = Erpes zoster

 

Santė Antoniė Abbętė i ciarmė e cuia sanętė. Santė Antoniė Abbętė chestu męlė se possa saną e a nisciunė possa meną (fare il segno della croce per 3 volte).

 

 

Męlė o mčuzė = Splenomegalia

 

Luna santa, luna sdea, secca gl’alberė all’arcu dea, secca a meuza a chi la tena, e lassacennė quandė cė nė servė. Patrė, Figliė e Spirdü Santė (ripetere tre volte).

 

 

I vermė = Elmintiasi

 

Ferma, ferma vermė tristė commė sė fermņ Gesł Cristė, a i fiumė Giordęnė, la fu battezzętė da San Giuannė Cristė; casca a terra vermė tristė (per tre volte).

 

Vermi(2)

Lunedģ santė, martedģ santė, mercoledģ santė, giovedģ santė, venerdģ santė, sabbętė santė; tutti i iornė včne Natęlė, o dummeneca včne Pasqua. Chistu vermė nterra casca.

 

Vermi(3)

Santu Sistė coppa a muntagnė stevė, a lacrimė o sanguė chiagneva, passa Giuannė e Cristė, dimmė chė esistė, zittė Maestrė nu vermacchionė ma rusechętė i fuegatė, ventrė e pulmonė. Annomenė tre votė i nomė miė e i muęlė o ventrė sė nė va via.

 

 

Balena = dermatite glutea

 

Se una donna incinta calpesta del sangue di animale potrebbe succedere che al bambino si verifichi l’arrossamento del culetto. Il rimedio č il seguente:

vattennė balena sė ci stęi stasera nen cė stęi dimęnė (per tre volte) Patrė, Figliė e Spirdu Santė.

 

 

Ručnė = Micosi glutea

 

Se a un neonato gli si orna il culetto di persistenti bollicine, vuol dire che, durante la gravidanza, il vero padre nell’osservare l’arcobaleno ne ha approfittato per urinare di fronte ad esso. Per porre rimedio a tale male č necessario che il papą vada ad urinare, questa volta, sui rovi, oppure deve trovare un rovo con sette propaggini, formare una corona ed appenderla dietro al focolare. Man mano che la corona di rovi si disseccherą, le bollicine scompariranno.

 

 

Męla cięra = pallore

 

Se un bambino presenta un colore giallastro lo si deve portare ad urinare sulla ruta prima della levata del sole.

 

 

Pugnitura = Pleurodinia

 

Patrė Nostrė piccugliė e grandė, Cristė fu mortė a trentatrč annė, a trentatrč annė fu pigliętė e a colonna fu attacchętė. Abbassa a vocė e chięmė a gentė, chięmė Mariė cu i suoi parenti. Chięme Cristė, te lo giuro, chestü sanguė sė tramutė. Chestü sanguė sė č tramutętė San Giuannė cią giurętė. La madrė de San Cristoferė Santa Spina sė Chiamęvė, chi la chięmė tre votė a nomė o punturė nėn męiė morė, chi la chięmė tre votė al dģ di punturė nėn po’ murģ. Chiamandola Sempiterna nėn prova o penė o gl’infernė (per tre volte).

 

Pugnitura(2)

In nomė di Dio e da SS. Trinitą chellė chė facciė venissė tuttė a saną. San Giuannė dalla Spagna veniva, e la spędė purtęvė e npuntė a la puntė lu sanguė appezzerętė cė stęvė. Tė ciarmė, tė rompė, tė sęnė, tė, precettė, tė spezzė. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

 

 

Fraccatura = Contusione e tumefazione

 

Santa Rosa da la Spagna veniva, nbontė al la lancia lu sanguė purtęvė, sanguė agghiacciętė, sanguė appezzarętė. Annņmene tre votė e in nomė miė lu sanguė sė sparéia via (segno di croce).

 

 

Samurchiė = Rinite

 

Zurrė zirrė zarrė lassė a chistė e pigliė a nautė.

Si dice questo passando il bambino sotto la pancia di un caprone.

 

 

Chiattia = Micosi della bocca

 

Vattennė chiattia tė passė la coda dė gliu uattė miė.

Po si strofina la coda di un gatto sulle labbra del bambino.

 

 

Uzzunnė = parodite epidemica

 

Si scrive sulla parte rigonfia “oi”, ovvero “orecchioni”.

 

 

Ed ancora:

 

Porri = verruche

 

Ci vuole la luna piena e una “ciammaruca” nera.

 

 

Gliummė = Lombaggine

 

Lo possono fare solo le donne che hanno avuto un parto gemellare

 

 

I Puigliė a menna = Mastite

 

…

 

 

Penicigliė = Eritema pernio

 

…

 

 

Derisione per le “fatture”

 

I tė passė sta męnė pė nfacciä

fatturė tė faccė, fatturė tė faccė.

I tė passė sta męnė pė nculė

sė sciogliė fatturė, se scioglė fatturė.

 

 

Derisione per gli “inciarmamenti”

 

I tė ciarmė e t’assicurė

do serpė mortė na paurä

chellė vivė no tuccą

ca tė ponnė muzzecą

 

 

Derisione per le “janare”

 

Fica tė faccė, fica tė faccė,

centė nculė e centė nfaccė.

 

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[1] Cfr. F. Romano, M. In torcia, A. Politi, Folklore nel Sannio, Napoli 1958. Ed ancora: M. Spagnol, L. Zappegno, Guida ai misteri e segreti di Napoli e della Campania, II Ed., Milano 1984